Dulcamara - Il Buio

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Dulcamara - Il Buio

Label: Brutture Moderne

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Dulcamara: Il Buio (lampi,vento e fortuna)

La prima volta che ho sentito Dulcamara ero in macchina. Stavo tornando da un concerto di Mark Knopfler (e sticazzi) con un mio amico, vagando nella nebbia tra paesini veneti dai nomi improbabili e cartelli stradali evidentemente pensati da qualche ubriaco, dato che si contraddicevano l'un l'altro a poche centinaia di metri di distanza. Ma, nonostante la concreta possibilità di non trovare più la strada per casa della nonna e cadere tra le fameliche zampe del lupo di Cappuccetto Rosso, la mia attenzione era rivolta esclusivamente alla musica di Dulcamara. Perchè, non appena il disco è sparito con un ronzio nel lettore, sono rimasto folgorato.
Una tastiera che piange sopra un vamp di basso semplice ma efficace, cassa e rullante minimali e forse proprio per questo potenti e quasi ipnotici.
Un groove, un tiro testimoniato dal mio piede, solitamente timido e restio, che come trascinato da una forza invisibile non può esimersi dal muoversi, dal battere il tempo per terra. Un segno inequivocabile che ci si trova davanti a dei signori musicisti.
Un cantato storto, che risente probabilmente dei trascorsi rap di Dulcamara, ed insieme una voce sognante, che si muove con disinvoltura sulla ritmica solida della canzone. Soprattutto i testi , per quanto complessi e introspettivi, sono dotati (udite udite) di un filo logico comprensibile ai più, come raramente mi è capitato di trovare nella scena italiana (non so voi, ma io mi sto ancora chiedendo cosa sia un valvonauta o di cosa rappresenti il cinghiale bianco. Ma magari voi siete molto più avanti di me e trovate questi riferimenti scontati e banali). Ogni parola, ogni verso ti lascia incatenato e sospeso, in attesa del completamento di un concetto. E anche quando non se ne capisce a fondo il senso, la bellezza del significante ne giustifica l'assenza.
Ma è la qualità della registrazione il dato che più mi ha più colpito in questo disco. Un suono pieno, morbido, avvolgente, definito. Leggenda vuole (ossia, il mio amico sostiene) che Dulcamara abbia fatto tutto da sé, incidendo e mixando tutto nel proprio studio casalingo. E se fosse davvero così ( sì, lo so che sono pigro e che se fossi una persona seria avrei dovuto documentarmi a dovere: ma del resto qui non mi paga nessuno, e gli hobby permettono, fino ad un certo punto, di sfamare la propria pigrizia) mi chiedo perchè non sia già diventato un produttore di fama internazionale.
Ogni suono è ripulito, netto e rifinito, tanto da far pensare all'idea iperuranica di suono: al confronto, negli altri dischi i suoni sono solo ombre indefinite, proiettate sul fondo della caverna ed ammirate dagli schiavi in catene che ancora ignorano le parole di Platone-Dulcamara.
Gli arrangiamenti, poi, dovrebbero essere portati come esempio ai musicisti che pensano la musica ancora come ginnastica per le dita o come gara a chi spara più note al secondo.
Ogni strumento segue una propria linea, che si compenetra e gioca con quelle degli altri, ognuno mantenendo purtuttavia una propria autonomia. Prendiamo ad esempio il giro di basso: giocato su poche note, che fanno risaltare piuttosto le pause che il suonato, eppure pieno e morbido. Una linea che, dicendo poco, dice tutto quel che bisognava dire, e non lascia nessun discorso in sospeso.
Mi rendo conto che probabilmente sono eccessivamente di parte, ed in pratica non ho fatto altro che incensare quello che, se non l'avete ancora capito, per me è davvero un gran bel disco. Ma da musicista dilettante il Buio rappresenta per me quasi un'ideale a cui si tende ma che difficilmente si riesce a raggiungere. Spero possiate perdonarmi: in fin dei conti è la mia prima recensione. Del resto,pur non avendo la benchè minima autorità in materia, sono qui solo per passione, e potete almeno essere sicuri della mia imparzialità. Ma penso che mi perdonerete definitivamente, una volta ascoltato Il Buio (lampi, vento e fortuna).

[Alessandro Damiola]


www.dulcamara.com