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Stanley Rubik

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E' uscito da qualche settimana "Kurtz Sta Bene", il nuovo lavoro della band capitolina. Un disco complesso e sfaccettato ma anche estremamente coinvolgente. Lo spaccato di una generazione derubata del futuro, un invito alla reazione. Ne abbiamo parlato con la band

Da qualche settimana ha visto la luce "Kurtz Sta Bene", il primo disco full-length degli Stanley Rubik, interessantissimo power trio romano che propone un genere tutt'altro che facilmente etichettabile, fatto di contaminazioni, di sonorità vecchie e nuove. Classico e sperimentazione, rock ed elettronica che si fondono dando vita a qualcosa di assolutamente originale e stupefacente.
Nel 2013 la band aveva già pubblicato, per l'etichetta Cosecomuni, il suo primo ep "lapubblicaquiete", che aveva riscosso un buon successo di pubblico e attirato l'attenzione di numerosi addetti ai lavori. A fine 2015, anticipato dal singolo "Cado", i ragazzi tornano finalmente sulla scena musicale con il loro primo album vero e proprio intitolato “Kurtz sta bene”, targato INRI. Il titolo del lavoro è un esplicito riferimento al Colonnello Kurtz di Conrad in Cuore di Tenebra o a quello di Coppola in Apocalypse Now. Il disco è una sorta di fotografia di una generazione frustrata e frastornata, perchè è stata derubata delle proprie aspirazioni e dei propri sogni. Una sorta di incitamento alla presa di coscienza della situazione contingente e alla reazione, con tutte le proprie forze e con tutti i mezzi a disposizione. Ma chi meglio dei diretti interessati può parlarci del proprio lavoro? Non mi dilungo oltre e vi lascio alle parole degli Stanley Rubik che ci hanno raccontato un sacco di cose interessanti su “Kurtz sta bene” e non solo.

[Intervista a cura di Dan]



Ciao ragazzi, benvenuti su andergraund! Partiamo raccontando a chi ancora non vi conosce chi siete. Quando e com’è cominciata la storia degli Stanley Rubik? Come vi siete conosciuti e quando è maturata la voglia di creare musica insieme?

Ciao! La nostra storia inizia nel 2011 da un incontro tra Dario e Gianluca sul posto di lavoro, poi sono subentrato io (Andrea) alla batteria che conoscevo già Dario per varie esperienze musicali nell’ambiente romano. Ci siamo messi subito al lavoro su Mosche Bianche che è stato il primo singolo di “test” e poi sull’EP “Lapubblicaquiete”. Il resto, come si dice, è storia…

Ho sempre trovato il vostro nome geniale, perché è un gioco di parole che racchiude l'essenza di due cose di culto per moltissimi, ovvero il cinema di Stanley Kubrick e il cubo di Rubik, il rompicapo che è diventato simbolo degli anni '80. A chi si deve la sua paternità? Cosa accomuna queste due cose e in che modo si interfacciano con quello che fate?

Abbiamo tirato fuori una serie di nomi paradossali (un altro serio candidato era “Frankie goes to Bollywood”..) in questa vena, poi abbiamo scelto Stanley Rubik perché racchiudeva due nostre grandi passioni: il cinema e lo scontro con oggetti che non si riescono a risolvere!

Arriviamo subito al motivo principale di questa chiacchierata, ovvero “Kurtz Sta Bene”, il vostro primo album, uscito da qualche settimana per INRI. Rispetto al vostro primissimo lavoro, l'ep "lapubblicaquiete" del 2013, è cambiato qualcosa nel vostro sound? Quali sono le novità più evidenti?

È cambiato un po’ tutto. Innanzitutto in termini compositivi abbiamo lasciato libero sfogo a tutte le idee che avevamo maturato in questi anni, facendo poi una selezione rispetto ai 14-15 pezzi in lavorazione per mantenere una certa omogeneità. Soprattutto, la produzione è stata molto diversa: per creare Kurtz abbiamo messo su uno studio nostro e ci siamo presi tutto il tempo per registrare. Forse la vera differenza l’ha fatta il missaggio in analogico (grazie ai nostri amici del Godfather studio di Napoli) che ha dato una profondità e un corpo ai suoni che sono il vero valore aggiunto rispetto al primo EP.

Per quanto riguarda invece voi quanto e in cosa vi sentite diversi rispetto agli inizi, come musicisti e come band, in termini di consapevolezza e approccio al lavoro per esempio?

Kurtz Sta Bene nasce dalla volontà di non porci limiti rispetto al potenziale compositivo che avevamo in quel momento, come ti dicevo. È un disco davvero libero da condizionamenti e paure, in cui ci siamo testati sulla lunga distanza e in tutte le sfaccettature del nostro sound, e in un certo senso abbiamo messo alla prova anche il nostro pubblico. Finora le risposte sono state confortanti!

Come sono state le prime reazioni alla pubblicazione del disco? Siete soddisfatti dei primi feedback ricevuti da parte degli addetti ai lavori, e soprattutto del vostro pubblico?

Direi di sì, finora quasi tutte le recensioni sono state entusiastiche, per quanto ci rendiamo conto che non è facile descrivere a parole un disco piuttosto eterogeneo e non facilmente riconducibile a una singola “etichetta” di sound o genere. Anche la risposta del pubblico è stata molto positiva, per quanto capiamo che l’ascolto dell’intero disco possa essere spiazzante rispetto al primo singolo “Cado” che è un po’ un’anteprima “essenziale” di tutte le sonorità che si trovano poi nel disco.

La vostra musica ha un'impronta molto originale, onirica, a tratti spiazzante, che amalgama sonorità classiche con sperimentazioni e suggestioni molto contemporanee. Sicuramente non è facilmente etichettabile. Ci sono degli artisti o dei gruppi in particolare verso cui vi sentite in qualche modo in debito per quello che siete oggi o a cui semplicemente vi sentite musicalmente più vicini?

Per la parte elettronica ci siamo sicuramente ispirati alla Warp che ha rivoluzionato un po’ i canoni nella scena Americana, insieme a maestri come Bjork o James Blake. La parte piu canonicamente rock invece è legata a ascolti piuttosto eterogenei, spaziamo dal prog anni ’70 (anche italiana: 10:10 è un pezzo che omaggia i Goblin) all’art-rock piu recente (Tool, Alt-J). Nel lavoro di chitarra è sicuramente rintracciabile anche un’influenza piu new-wave anni 80. Alla fine siamo una risultante di tutti questi fattori.. un mostro a varie teste!

I vostri testi non sono mai troppo espliciti e, in maniera piuttosto allusiva ma molto chiara ed efficace, affrontano tematiche molto attuali: parlano principalmente di una generazione privata di qualsiasi certezza, abbandonata a se stessa e ai suoi dubbi. Secondo voi a chi o a cosa bisogna imputare le cause di questa situazione degenerata e soprattutto questa generazione ha i mezzi materiali e morali per uscirne?

Prima di tutto a noi stessi. Il disco è una presa di coscienza di una situazione interiore e di come questa interagisce con l’esterno. Il cambiamento passa innanzitutto da noi stessi e dalla volontà di reagire. Ma non amiamo le facili illusioni e quindi il disco è forse una fotografia di una fase in cui si prende atto delle difficoltà come primo step verso un adattamento.

La citazione di Kurtz nel titolo del disco (un esplicito riferimento a Conrad e al suo colonnello Kurtz di "Cuore di Tenebra", personaggio poi ripreso anche da Francis Ford Coppola in "Apocalypse Now"), correggetemi se sbaglio, si riferisce proprio a questo discorso. Kurtz che a un certo punto impazzisce, diserta dai Berretti Verdi e si rifugia nella foresta della Cambogia, diventa emblema di qualcosa. Spiegateci il significato dell'affermazione Kurtz sta bene. In che modo si può affermare che stia bene?

Sta bene perché il suo rifiuto della follia della guerra e delle gerarchie in realtà è un atto sano, sempre se visto nella nostra prospettiva paradossale e ribaltata. Crediamo molto nella forza del paradosso per far emergere una verità che ha sempre varie facce.

"Cado" è il primo singolo estratto dal disco ed è anche accompagnato da un video diretto da Francesco Galati. Partendo dal presupposto che “Kurtz Sta Bene” non è un disco propriamente catchy e commerciale, sicuramente "Cado" non è la traccia più radiofonica presente nell'album. Come mai la scelta è ricaduta proprio su questo pezzo? Puntavate ad attirare l'attenzione di un pubblico particolarmente "allenato"?

Non ci interessava tanto essere radiofonici (sarebbe stata una battaglia persa!) quanto avere un primo singolo di massimo impatto, un po’ una dichiarazione d’intenti. Da questo punto di vista “Cado” è energia in purezza, sintetizza l’intensità che poi è caratteristica declinata in varie forme di tutto il disco. Di questo ci hanno convinto i ragazzi della INRI perché ovviamente noi non eravamo sicuri di quale dovesse essere il primo singolo, ma loro se ne sono subito innamorati.

"Distacco" parla di un viaggio, che ci porta a prendere le distanze dai ruoli che la società ogni giorno ci impone. Quanto c'è bisogno di trovare il coraggio di tornare a essere pienamente noi stessi?

Può sembrare una frase fatta , ma penso che mai come in questo momento storico sia fondamentale l’autenticità e la fedeltà a quello che veramente si è.

"Bocca vuota" è un'anomalia nel disco musicalmente parlando. Si fa uso di strumentazioni nuove e insolite per voi. Il tutto ovviamente non è fine a se stesso ma è legato al significato più profondo del testo. Qual è il messaggio del pezzo? E cosa ci potete dire del brano dal punto di vista musicale?

Musicalmente è una chiusura un po’ distaccata dal resto del disco, una sorta di eulogia elettronica al disco, una “exit music”. L’arrangiamento è ispirato in parte a Woodkid come riferimento. Su questo ci ha aiutato molto il trombone di Giorgio Tebaldi per restituire l’atmosfera marziale e onirica del brano, il che unito all’elettronica che entra alla fine ha portato a un risultato di cui siamo molto contenti.


Come nasce la vostra musica? Raccontateci com'è la gestazione che porta dal concepimento di un'idea fino ad arrivare al risultato finale, quello che troviamo sul disco.

Solitamente si parte da un’idea embrionale, una “spora” di Dario o di Gianluca che può avere la forma di un riff o più spesso di una sequenza elettronica, e da li si lavora in sala tutti insieme. Molti dei brani del disco hanno avuto varie stesure e gestazioni, diverse “vite”, prima di arrivare a un arrangiamento finale di cui fossimo tutti e tre soddisfatti al 100%.

Com'è nato il rapporto di collaborazione con INRI e com'è stato lavorare con loro? Pensate sia un sodalizio destinato a continuare?

Per caso! Finito il mastering abbiamo contattato varie etichette italiane per proporre il lavoro e loro ci hanno ascoltato (cosa non banale) e apprezzato. Da questo punto di vista sono davvero tra i più aperti e curiosi nel panorama nazionale. Ci hanno aiutato molto nel costruire una identità ma allo stesso tempo lasciandoci totale libertà. Speriamo che il tutto continui e sia coronato da un secondo disco con loro.

Per concludere, cosa aspetta gli Stanley Rubik? Avete già idea di quali saranno le vostre prossime mosse? Porterete ancora un po' in giro dal vivo i pezzi di “Kurtz Sta Bene” prima di rimettervi al lavoro su del nuovo materiale?

Senz’altro, penso che tutto il 2016 sarà dedicato a portare questo disco dal vivo o almeno ce lo auguriamo. Abbiamo già alcune idee per nuovi brani a cui mettiamo mano tra una prova e l’altra, ma è ancora presto per dare un seguito a Kurtz.

Ragazzi è tutto. Grazie per la disponibilità e in bocca al lupo per tutto!

Crepi il lupo e grazie a voi!

 


Gli Stanley Rubik sul web:

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