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Mr. Zombie Orchestra

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“C'era una volta in Romagna” è il nuovo album della giovane e innovativa formazione romagnola. Tredici classici della tradizione folkloristica della loro terra riletti in chiave sperimentale e moderna. Un modo per riavvicinare il grande pubblico a questi classici

Il prossimo 3 giugno, per l'etichetta Velut Luna, uscirà "C'era una volta in Romagna", il nuovo interessante lavoro dei Mr. Zombie Orchestra. Il gruppo, composto per tre quinti da musicisti che fanno parte del già noto Collettivo Ginsberg, propone musiche provenienti della richissima tradizione folkloristica della loro terra, la Romagna, reinterpretandole e riproponendole secondo la loro personalissima e originalissima chiave di lettura. Il liscio si veste di nuovo, esce dalle balere e si mischia con sonorità provenienti dal mondo del jazz e del prog rock. Il risultato dell'operazione è una rilettura della tradizione veramente moderna e innovativa.
Un progetto ambizioso e coraggioso che mira a riavvicinare il grande pubblico a una grande tradizionale musicale troppo spesso dimenticata o sottovalutata: "Fino a poco tempo fa e spesso tutt'ora la parola “liscio” veniva associata, nell'immaginario dei più, ad una subcultura buzzurra di anziani e signore prosperose che si ritrovava con abiti luccicosi a ballare questa infima musica. Ma c'è anche altro in questo mondo: incredibili orchestre, capitanate da grandi compositori e musicisti come Carlo Brighi, Secondo Casadei, Ivano Nicolucci, Castellina-Pasi che si sono esibiti per cinquant'anni, facendo 35 concerti al mese per soddisfare il loro pubblico".
"C'era una volta in Romagna - Danze Tribali del Popolo del Liscio" è il secondo lavoro della Mr. Zombie Orchestra, seguito del debutto del 2013 “Someone Likes It Zombie”. Il disco stato registrato in uno studio mobile allestito al Teatro Pedrini di Brisighella, in provincia di Ravenna, che chiuso da diversi anni ha riaperto le sue porte per l'occasione.
I Mr. Zombie Orchestra sono Alberto Bazzoli (organo, clavicembalo, bercandèon), Riccardo Morandini (chitarre), Gabriele Laghi (contrabbasso) e Eugenioprimo Saragoni (batteria). Ospiti dell'album sono Cristian Fanti (cantante del Collettivo Ginsberg), Giulia Lorvich (voce) e Guglielmo Pagnozzi (sax). Abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Alberto Bazzoli che per l'occasione si è fatto portavoce del gruppo ci ha raccontato qualcosa in più rispetto a questo progetto assolutamente inedito e unico nel suo genere.   [B!]


Ciao ragazzi, benvenuti su andergraund e grazie per il tempo che ci state per dedicare. Come e quando è nata la Mr. Zombie Orchestra? So che si tratta della costola di un altro progetto già esistente. Qual è stata la molla che vi ha spinto a voler sperimentare qualcosa di alternativo a quello che già facevate?

Ciao. La band esiste da circa due anni e mezzo. Abbiamo realizzato un primo disco l'anno scorso, sempre per Velut Luna, dal titolo "Someone Likes It Zombie!", e questo di cui stiamo parlando è il nostro secondo traguardo discografico. Come giustamente dicevi, la band è una costola di un'importante progetto musicale, che è il Collettivo Ginsberg.
Per quanto possano sembrare lontani, in realtà questi due mondi sono fortemente in relazione tra loro: gli "Zombie", esplorano il background e le radici che poi confluiscono nelle elaborazioni creative del “Collettivo”. Con il Collettivo si era lavorato molto in sala prove sull' idea di gruppo, insieme anche a Marco Bertoni, produttore, e quando decisi di formare la band volevo che questo percorso non si perdesse. Fondamentalmente l'idea, in origine, era portare questa attitudine nel mondo del "Jazz" e della musica strumentale in generale.

Il filo conduttore del vostro lavoro è quello di proporre una rilettura di tutta quella tradizione di musica folkloristica di cui la vostra regione di provenienza, l'Emilia Romagna, è ricchissima. Il liscio per capirci. Voi siete piuttosto giovani mentre quel tipo di musica, a torto o ragione, è sempre stato associato a un pubblico e a situazioni distanti anni luce. Come si sono avvicinano dei ragazzi a questo genere di musica?

Si esatto, questo disco vuole essere un nostro sguardo al mondo della musica da ballo romagnola. Il passaggio è stato abbastanza immediato. La formazione è nata con l'intento di esplorare quel mondo del jazz delle origini che non faceva distinzioni di generi. All'inizio del '900, un'orchestra americana in repertorio passava senza problemi da un valzer ad un ragtime o ad un tango. La stessa cosa capitava ad un'orchestra italiana dell'epoca.
Questo ci ha portato a spaziare liberamente nei genere portandoci inevitabilmente al mondo del ballo romagnolo, che è poi la cosa più vicina a casa nostra. Alla base di tutto questo percorso ci sta il bisogno di ricostituire un repertorio e una modalità di esecuzione vicina al nostro mondo, quello italiano, e in questo caso specifico quello regionale. Per farla semplice: non siamo nati a New York quindi bisognerà trovare un modo coerente di fare musica se si vuole dare un'apporto allo sviluppo della nostra cultura. Siamo fortunati perché l'Italia è piena di cose da riscoprire e da riportare avanti, basta solo avere l'interesse di cercare fuori dal cancello di casa. Credo che fortunatamente, al giorno d'oggi, questa tendenza stia prendendo piede e molti più gruppi si stanno impegnando in questa direzione.

Ultimamente in Italia pian piano stiamo riscoprendo il valore e l'importanza delle tradizioni, e stiamo cominciando a proteggerle e a valorizzarle. Penso ai dialetti per esempio. O al cibo. E anche per quanto riguarda la musica il folk pian piano si sta cominciando a muovere qualcosa. Ma il liscio rimane sempre e comunque visto con una certa sufficienza. Almeno questa è la mia impressione, non so se concordate. Come mai?

Si questa come preannunciavo è la tendenza oggi. Spero non sia solo una moda, perchè se così fosse, in breve tempo finirebbe. Dobbiamo ricostituire un'identità culturale che abbiamo perso. Per quanto riguarda il recupero del liscio posso dire che nella nostra zona, al momento, sono giá attivi tanti gruppi che si stanno confrontando con questa tradizione. Spesso l'approccio è molto filologico: si fa ricerca sugli spartiti originali, su autori meno conosciuti, ecc.. La Taca-Dancer è un'etichetta che ha prodotto molti lavori in questa direzione, realizzando ottimi prodotti di qualità. Stanno uscendo finalmente molti libri dove si studia seriamente il liscio come musica e non solo come fenomeno. Magari fuori ancora non si avverte questo fermento ma da noi esiste.

La cosa che stupisce è che questo atteggiamento di snobismo nei confronti della nostra tradizione musicale è una cosa solo nostra. All'estero la musica popolare sicuramente è presa più seriamente e vissuta con molto più rispetto. Penso al blues ad esempio. O al tango e a tutte le altre musiche da ballo tradizionali. Siamo uno dei paesi in assoluto con più storia e con più tradizione. Perchè allora tendiamo ad essere così esterofili?

Assolutamente. Tra l'altro ad un americano o ad un giapponese interessa di più sentire un italiano che suona "O Sole Mio" piuttosto che "Sweet Home Chicago". Io stesso amo moltissimo il blues e tutt'ora lo suono molto, è sicuramente una delle cose che mi riesce meglio, continueró a farlo ma ad un certo punto ho sentito l'esigenza di cercare qualcosa di più vicino a casa, di riscoprire la nostra cultura. Effettivamente c'è tantissimo da fare e quando lo fai senti immediatamente che la direzione è quella giusta. Dall'altro canto la storia della musica è una sola e le contaminazioni esistono da sempre. La stessa musica romagnola non è nata in Romagna bensì è stata importata dall 'est europa. Quindi anche fossilizzarsi nel senso contrario è sbagliato. Certo è che alcune musiche e tradizioni caratteristiche non dovrebbero mai andare perse.

Entriamo un po' più nello specifico di “C'era una volta in Romagna - Danze Tribali del Popolo del Liscio”, il vostro ultimo lavoro di imminente uscita. Cosa ci potete raccontare? Cosa si deve aspettare chi si accinge all'ascolto del disco?

Bè innanzi tutto il disco non nasce come celebrazione del sudario del liscio. È un disco creativo, con una sonorità assolutamente estranea a quel mondo a cui fa riferimento. I brani sono riarrangiati ma non è un disco di difficile ascolto. Anche i bambini accompagnati dai genitori potrebbero ascoltarlo.Ospiti di qualità come Guglielmo Pagnozzi (Voodoo Sound club), Giulia Lorvich, Cristian Fanti si sono integrati perfettamente alla nostra direzione, portando un importante apporto al disco.

Com'è stata la risposta della gente alla vostra proposta musicale? Mi riferisco soprattutto alla fascia di pubblico più giovane. Quanto è stato difficile cercare di far avvicinare i ragazzi alla tradizione? Hanno risposto con entusiasmo fin da subito oppure c'è stato un momento di diffidenza iniziale?

Questo è un pó il nodo da sciogliere. Comunicare e soprattutto creare un pubblico giovane che si appassioni a quello che una band sta facendo è veramente difficile. La pazienza della media dei giovani d'oggi è pari a zero a mio avviso, e per le cose belle ci vuole tempo e pazienza. Ad li là di questo, a volte riusciamo ad allacciare una comunicazione, magari si mettono a ballare, ascoltano quando si introducono i brani ma alter questo volte puó essere difficile. I 10 intellettualoidi che ti ascoltano ci sono sempre, il difficile è coinvolgere un pubblico più ampio.
Ci stiamo lavorando.

E le persone un po' più avanti con gli anni invece si sono dimostrati aperti verso la sperimentazione? Avete avuto modo di raccogliere delle reazioni anche da parte loro?

Mediamente è più semplice con gli adulti. Non sempre però accettano di buon grado certe rivisitazioni. Ad esempio dal vivo tendiamo a rimanere più liberi suoi brani, ad improvvisare di più e questo non sempre viene capito. Gli over 60 invece apprezzano molto di solito.

La tracklist comprende una serie di brani della tradizione folkloristica della vostra regione vestiti di nuovo e riletti sotto una nuova luce. Quali altri mondi musicali sono confluiti all'interno delle tracce?

I mondi confluiti sono tanti. La nostra musica è una contaminazione continua. Certe sonorità possono rimandare a quelle tipiche dell'Italia anni '60, altre alle atmosfere Jungle dell'Harlem degli anni '30. In molti brani ci sono parti soliste improvvisate non contemplate nelle versioni originali. Insomma c’è tanta carne al fuoco.

Nel disco sono stati impiegati strumenti inusuali sia per il liscio che per il rock che per il jazz. Penso a strumenti antichi, come organo e clavicembalo, e a strumenti nuovissimi e inediti come il bercandèon, inventato da Fiorenzo Bernasconi. Parlatecene un po'.

Per quanto riguarda le tastiere che ho utilizzato si tratta di un organo hammond, strumento che credo non abbia bisogno di presentazioni e una spinetta marcia degli anni '70.Oltre all' organo avevo bisogno di uno strumento con più attacco, e la spinetta mi é sembrato quello giusto.
Il Bercandèon invece è uno strumento inedito, areofono, che può avere un suo cugino prossimo nella fisarmonica. Ne esistono solo tre esemplari al momento e un quarto é in costruzione. É uno strumento che va ancora esplorato. Avendo la tastiera a pianoforte da entrambi i lati del mantice, apre delle possibilità nuove. E’ da soli sei mesi che ne ho uno. C'è ancora molto da fare, ma ho voluto comunque imprimere questo momento su disco. Altra importante caratteristica strumentale é il set di batteria che usa Eugenioprimo Saragoni. Un set molto scarno che vede solo rullante, charleston grande e cassa da banda, posizionata di profilo in modo da poterla suonare anche con le mani.

La maggior parte dei pezzi contenuti nel disco sono riletture di brani di Secondo Casadei? Vi va di raccontarci qualcosa di questo personaggio che forse non molti conoscono?

Si la maggior parte dei brani sono di Secondo Casadei. Senza dubbio Secondo è stato il più grande compositore e caporchestra di questa musica. I suoi brani sono riconoscibili da quelli degli altri autori, hanno una marcia in più. Tutti i più grandi solisti sono passati nella sua orchestra. Altre grandi penne come Ivano Nicolucci o Franco Bergami, sono stati entrambi suoi grandi solisti primi di mettersi in proprio. Secondo è l’uomo che ha saputo conciliare le musiche folkloriche con le mode d’oltreoceano, portando delle innovazioni determinanti nello sviluppo di questa musica. A mio parere è uno dei pochi che ha veramente sperimentato in questo genere. Per chi fosse interessato ad approfondire, consiglio il documentario “l’uomo che sconfisse il boogie”.

So che tra l'altro avete avuto l'occasione di confrontarvi direttamente con i parenti di Secondo Casadei. Come è nato questo rapporto? I familiari di Casadei hanno apprezzato quello che state facendo?

Il rapporto con la famiglia Casadei è nato una mattina quando, aprendo la pagina di facebook del gruppo, ho trovato un messaggio, da parte di Riccarda Casadei e della Casadei Sonora, dove ci comunicavano di aver ascoltato su youtube la nostra versione di “Tramonto” e ci ringraziavano per l’interpretazione e l’interessamento a questo brano, invitandoci ad andarle ad incontrare a Savignano. Così è nato tutto. Ci siamo trovati di fronte a persone estremamente disponibili e sopratutto molto curiose di questo nuovo fenomeno di attenzione verso il liscio. Ci hanno fornito diverso materiale per approfondire l’argomento: dischi, libri, documentari. Quotidianamente mettono un grande impegno a tenere alto il ricordo di questa musica e dopo anni di snobbismo, soprattutto durante gli anni ’80, ’90, si meritano questo momento di rinnovato interesse. Oltre a ciò, la loro porta è sempre aperta a tutti ed è per questo che in tutti questi anni hanno resistito. Quest’ estate faremo parte di una serie di eventi organizzati da loro all’ippodromo di Cesena tutti i martedì di Luglio e di Agosto.

Un'altra delle cose che mi ha colpito leggendo i crediti del cd è stato apprendere che la storia del cd è strettamente legata a quella di un teatro. I pezzi del disco infatti non sono stati registrati in uno studio di registrazione, ma sono nati in questo luogo, il Teatro Pedrini di Brisighella, che ha riaperto per l'occasione dopo anni di chiusura. Cosa ha dato in più al disco poter registrare in un contesto del genere? Raccontateci un po' di questo sodalizio.

Quando si decide di registrare un disco in un luogo diverso da uno studio di registrazione lo si fà perchè esso aiuta a dargli un significato.
I problemi tecnici in queste operazioni sono innumerevoli, ma a mio avviso se superati, possono ribaltarsi a favore del prodotto finale. Registrare in un luogo così evocativo, come può essere un teatro chiuso, è sicuramente un’esperienza artisticamente molto appagante.
Inoltre la nostra volontà di sensibilizzare verso una cultura, quella rappresentata nel disco, dimenticata andava di pari passo alla volontà del comune di Brisighella di sensibilizzare verso il teatro comunale, chiuso da anni.

Qual è il futuro di questi pezzi. Sono nati per rimanere confinati nel disco o li porterete anche in giro dal vivo per i teatri e per le piazze?

No ovviamente! I brani sono nati per essere suonati dal vivo, è una musica che senza il pubblico rende a metà. Avremo tutta l’estate per testare la risposta del pubblico.

Altri progetti a breve e lungo termine per la Mr. Zombie Orchestra? Avete già pianificato le vostre mosse future?

Al momento la Zombie Orchestra vanta circa sessanta brani in repertorio che spaziano in tutti molti generi. I progetti monografici che portiamo in giro al momento sono questo sul Liscio Romagnolo e un’altro dedicato al Duke Ellington jungle del Cotton Club. Amamiamo molto anche fare delle serate dove tutte queste musiche, al’apparenza diverse, vengono mischiate assieme. Progetti futuri, possono essere quelli di lavorare su composizioni originali o comunque troveremo sicuramente qualche altro vaso da scoperchiare.

Ragazzi è tutto. Grazie mille per la disponibilità e in bocca al lupo per il vostro interessantissimo progetto!

 

 

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