E' disponibile da qualche settimana l'album d'esordio de Lo Straniero, intitolato semplicemente "Lo Straniero". Abbiamo fatto quattro chiacchiere coi ragazzi che ci hanno raccontato del disco e non solo. Da non perdere!
E' uscito lo scorso 20 maggio per La Tempesta Dischi il primo disco (omonimo) de Lo Straniero. Le undici tracce, registrate tra il Piemonte e Bologna, coniugano sapientemente una doppia linea vocale, l'elettronica, un pop-rock dalle sfumature psichedeliche e testi diretti ma onirici e profondamente evocativi.
Il progetto è piuttosto giovane, nasce infatti nel 2014; il nucleo originario della band è composto da Giovanni Facelli (voce, chitarra, synth e composizione), Federica Addari (voce e synth) e Luca Francia (synth, drum machine e piano elettrico), a cui poi si sono aggiunti Valentina Francini (basso) e Francesco Seitone (chitarra e drum machine).
Nel corso di questi due anni la band ha macianto un sacco di chilometri suonando in lungo e in largo per lo Stivale e si è fatta notare dal pubblico e dagli addetti ai lavori in occasione di diversi contest musicali, ottenendo diversi premi e riconoscimenti. A marzo 2015 Lo Straniero è anche artista della settimana su Mtv New Generation.
abbiamo fatto quattro chiacchiere con la band che ci ha parlato in primo luogo del disco ma anche di molto altro.
Intervista a cura di Dan
Ciao ragazzi, benvenuti su andergraund. Raccontate a che si imbatte in voi per la prima volta che cos'è Lo Straniero. Com'è nato il progetto, come si sono incrociate le vostre strade e quando è maturata le decisione di creare musica insieme?
Il progetto è nato tre anni fa. L'idea iniziale è stata di Giovanni, con cui suonavo già da tempo in un altro gruppo. Insieme ci siamo chiesti quali fossero le persone che ci sembravano più adatte all'idea di musica che avevamo in testa, che fossero tanto affini a noi quanto "lontane" da noi. Abbiamo iniziato a comporre con Frens, il pianista nerd. Ancora dopo Valentina e Francesco, come ciliegine sulla torta.
"Lo straniero" è un romanzo di Albert Camus del 1942, ma è anche il titolo di due pellicole, una di Orson Welles del 1946 e un'altra di Luchino Visconti del 1967. Ma è anche e soprattutto la condizione di chi si trova in un paese o in una situazione che non gli appartiene. In realtà l'accezione del termine può essere larghissima. Qual è il senso profondo del vostro essere "Lo Straniero"?
Ci sarebbe da aprire un capitolo esistenzialista, ma si parla di musica. Lo Straniero suona bene, rimanda a qualcosa di altro e di lontano, di indefinito. E’ l'esigenza di andare e di spingersi sempre un po' più in là rispetto a dove si è, di non rimanere imprigionati, nella vita, come nella musica.
Premesso che classificare la musica in compartimenti stagni non sempre sia un bene, ma talvolta aiuta a capire, devo dire che il vostro sound è molto originale ed eterogeneo, e non semplice da etichettare. Se vi chiedessi di citare qualche gruppo o qualche artista che è stato importante per la vostra crescita come musicisti e come gruppo, o al quale vi sentite particolarmente vicini, che nomi vi passerebbero subito per la mente?
Svariati: Talking Heads, Bowie, George Harrison, Sting, Kurt Cobain, Bach, Battisti, Lou Reed, Vasco Rossi. L'elenco è infinito.
Veniamo a bomba al motivo reale per cui siamo qui oggi, ovvero il vostro primo album, omonimo, uscito da pochi giorni. Cosa rappresenta per voi questo lavoro? Un traguardo, il risultato di un vostro percorso di ricerca e di conoscenza, oppure lo vedete più come un punto di partenza?
Il risultato di tre anni di lavoro appassionato, un gioiello da custodire, uno dei motivi per cui essere contenti, un esperimento, sicuramente un traguardo, ma anche un punto fermo da cui partire.
So che nei mesi scorsi avete collezionato diversi premi e riconoscimenti, e che i vostri video hanno raggiunto migliaia di visualizzazioni su YouTube, quindi un po' vi sarete abituati a ricevere attenzioni. Però in questi giorni avete suonato i vostri pezzi su un palco prestigioso come quello del MI AMI di Milano e sarà stata comunque un'emozione immagino. Com'è andata? Che feedback avete raccolto finora sul disco? Come è stato accolto dal pubblico e dagli addetti ai lavori? Siete soddisfatti?
Suonare su un palco come quello del MI AMI non è cosa da tutti i giorni e siamo contenti di come sia andata. Per adesso possiamo ritenerci più che soddisfatti: feedback positivi da parte degli "addetti ai lavori" e una buona dose di interesse da parte del pubblico. Incrociamo le dita.
Quando sono nati i pezzi contenuti nel disco? Risalgono tutti all'ultimo periodo o avete rispolverato qualcosa che conservavate da tempo nel cassetto? Chi scrive solitamente? Qual è l'iter creativo che porta alla nascita delle tracce che troviamo nel disco?
I pezzi sono stati scritti nell'arco di tre anni da Giovanni e Luca, alcuni più recenti, altri più datati, alcune parti sono state addirittura scritte pochi minuti prima di essere incise, con il supporto femminile della band. Diciamo che non seguiamo un iter creativo ben preciso: alcuni pezzi sono nati dai deliri di una notte insonne, altri dalla suggestione di un momento particolare, alcuni più pensati, altri invece sono il risultato di un'improvvisazione uscita bene.
I vostri testi sono molto diretti ma sono al tempo stesso anche molto evocativi, e onirici. Quando scrivete prendete più spunto dall'osservazione di ciò che accade intorno a voi oppure preferite focalizzare l'attenzione all'interno di voi stessi, e quindi vivete il momento della scrittura anche come un momento di presa di coscienza intima e personale?
Lo sguardo è bidirezionale. Stranieri ma non avulsi, realistici ed intimisti.
Il tema dello scorrere del tempo, e l'analisi delle diverse stagioni della vita è un tema ricorrente nel disco. Molti brani sono vere e proprie istantanee di stagioni della vita diverse, vissute da personalità differenti. Qual è il valore del tempo in una società contemporanea in cui tutto scorre veloce e spesso non si dà la giusta importanza alle cose?
Non sappiamo quale sia il valore del tempo, è un quesito difficile. Di certo il tempo, per chi fa musica e arte in generale, è fondamentale. La sfida vera è non perdersi e non perdere la sensibilità e l'ispirazione in un mondo veloce e quindi anestetizzante.
"1249 modi" è un pezzo che spinge a riflettere sui valori della vita. Non è impossibile sentirsi appagati dalle piccole cose della vita quotidiana. E’ un invito a porsi degli obiettivi e a godere delle soddisfazioni che la vita ci riserva ogni giorno. Quanto è importante tutto questo per vivere una piena e felice?
In realtà il testo di questa canzone è volutamente ironico e ambiguo, scelta che si ripropone anche in altri brani. Stranieri anche per questo, perchè non vogliamo lanciare messaggi, nè dispensare consigli, non abbiamo nè la convinzione nè la presunzione di sapere quali siano effettivamente i veri valori della vita. Cosa è realmente importante? "Per qualcuno non accorgersi di come cambia il tempo è questione seria e rilevante", ma per altri no.
In "Rimango qui" c'è il tema d'attualità molto sentito e molto attuale, quello della cosiddetta "fuga di cervelli”. Arriverà mai il momento in cui i nostri talenti e le nostre giovani promesse troveranno la giusta valorizzazione anche a casa loro?
Le canzoni non sono state scritte con l'idea di affrontare una tematica precisa. In "Rimango qui" più che "fuga di cervelli" si parla di fuga vera e propria, di movimento e staticità, dell'impossibilità di tornare o della volontà di cambiare. Ci piace l'idea che le canzoni non vengano incasellate, che siano libere, impegnate e leggere allo stesso tempo. In ogni caso siamo convinti che prima di tutto sia importante credere davvero in quello che si fa e lavorare sodo per poter andare avanti e avere dei riscontri, anche a casa propria.
I video che avete pubblicato finora sono molto diversi tra loro, come i singoli del resto, ma di fondo rivelano una certa ricerca e interesse per il rapporto che intercorre tra musica e arti visive. E' così? Come nascono?
Come nella musica, anche nella realizzazione dei video abbiamo cercato di curare l'estetica. Speed al mattino subisce la fascinazione di film come This is England, Gummo, Kids e Ken Park di Larry Clark. Per quanto riguarda L'ultima primavera e Jet Lag ci siamo affidati quasi totalmente ad amici artisti particolarmente empatici.
La maggior parte dei pezzi vedono la produzione artistica di Gianni Masci, che ha anche suonato in alcuni pezzi del disco. Cos'ha dato in più ai pezzi in cui ha messo la sua impronta e quanto è stato importante il suo contributo per la buona riuscita del disco?
La collaborazione con Gianni è stata importante per la riuscita del disco. Entusiasta e capace, ottimo musicista e buon compagno di avventure, musicali e non. E' riuscito a cogliere l'attitudine del gruppo da subito e a limare ed arricchire alcune scelte artistiche ancora acerbe.
Com'è nata la collaborazione con La Tempesta Dischi e quanto è stata proficua? E' un sodalizio destinato a durare anche in futuro?
Gli abbiamo fatto avere il disco e si sono mostrati da subito entusiasti, ma erano in partenza per New York e alle prese con la chiusura di Inumani, quindi ci siamo incontrati solo dopo un paio di mesi e abbiamo passato una bella giornata insieme. Da quel momento abbiamo iniziato a scambiarci idee e a pensare alla pubblicazione dell’album.
E adesso quali sono i vostri progetti per il futuro, nell'imminente e anche in prospettiva? Avete in programma di suonare in giro quest'estate? E per quanto riguarda il resto c'è altro già in cantiere?
Suonare, fare concerti, comporre. In cantiere c'è già qualcosa che vorremmo farvi sentire già adesso.
Ragazzi, è tutto. Grazie per il tempo che ci avete dedicato e un grosso in bocca al lupo per tutto!
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