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Podidara

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 Una sola parola, un lemma che la maggior parte dei lettori non capirà, ma un singolo tassello di una vita felice vissuta a pieni polmoni, remota sì, ma non abbastanza da essere dimenticata…

Un’estate che cominciava ufficialmente tutti gli anni con questa parolina magica, un ricordo riaffiorato durante una fredda serata invernale come questa, perché una persona a me cara la ripropone a cena ripercorrendo gli stessi anni felici che ricordo anche io…

La mia cara nonna raccontando, tra le risa un po’ amare, un po’ malinconiche, ed in una lingua a voi quasi sconosciuta, il dialetto calabrese (non fosse per qualche meteora comica) un avvenimento della sua infanzia, nomina questa pianta, questo fiore così meridionale e così fresco che tutti noi conosciamo in italiano come ginestra…

La ginestra è un simbolo molto forte, è forza, caparbietà, capacità di sopravvivere in situazioni estreme come colate laviche, è il giallo sul nero, è vittoria della felicità e rinascita dalla distruzione e dall’annientamento… è tutto questo nei cuori di chi ha vissuto con questo spiritello dorato per una vita intera prima di immergersi nel grigio cemento di una terra a cui non appartiene… è un ricordo, puro e gioioso…

Una frase, una voce fanno capolino nella mia mente tanto adulta e ancora così bambina, quella della persona che ha lasciato un vuoto enorme nella vita di chiunque lo abbia conosciuto andando via senza disturbo e senza rumore oramai quasi un anno fa: mio nonno…

Ognuno di noi ha vissuto con le massime e gli insegnamenti di un nonno che ricorda con amore, io stasera ho ricordato il suo ritorno dalla bottega in cui creava piccole e grandi meraviglie di legno con il suo genio di artigiano di un tempo, la sua voce piena di felicità nel dire “vaju u coju a podidara per a ziteda per u corpus domini” Doverosamente traduco: “vado a raccogliere la ginestra per la bambina per la festa del Corpus Domini”

La festa del Corpus Domini è la processione tipica di metà giugno e nel paesello a metà strada tra la montagna e il mare in cui sono cresciuta, l’usanza era quella di spargere petali di ginestra per la strada al passaggio della funzione religiosa… La felicità di mio nonno era dovuta essenzialmente alla felicità che avrebbe procurato a me con quel dono così campestre, e in questo pensiero è racchiusa l’intera personalità di quell’omino minuto con uno spirito così grande…

Quel singolo lemma dialettale ha scatenato in me un vortice di ricordi toccati da tutti i 5 sensi: ne ho sentito distintamente il profumo generoso che esalava prepotente dall’asfalto torrido, ne ho visto il giallo rinfrescato a memoria dalla mia recente visita all’Etna sul quale cresce rigogliosa, ho sentito i canti spirituali delle comari di paese ritmati dal lento scrosciare dei sandali nel cammino, i miei polpastrelli hanno ricordato vividamente il tocco dei petali vellutati raccolti insieme in una cesta di vimini intrecciata, ho ricordato il sapore dei biscotti che si offrivano agli angoli dei vicoletti…

Ho sentito soprattutto le tue mani, le tue mani provate da un lavoro nobile che amavi come la tua famiglia, le mani che d’estate raccoglievano i frutti che la terra da te curata ci regalava e che d’inverno riscaldavano le mie perché erano sempre fredde, i tuoi occhi colmi d’amore e il tuo sorriso intimidito da una ferrea educazione che ci hai sempre trasmesso, come l’amore per la vita e la gioia di donarla agli altri…

Ti voglio bene, ora come allora e come sempre farò

La tua Proserpina

 

Arretrati

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